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Bixio, qui si fa l’Italia o si muore

10/4/2013

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Immagine
Da un idea di: Silvano Ilardo
Drammaturgia: Diego Runko
Con la gentile collaborazione del Dott. Stefano Tomiato
Regia: Silvano Ilardo
Con: Silvano Ilardo (Giuseppe Garibaldi), Diego Runko (Giuseppe Cesare Abba).
Attrezzisti: Chiara Currà
Responsabile di produzione: Irene Zappalà
Ufficio stampa: Manuela Caspani
Una produzione: Teatrando Produzioni 

Spettacolo per i 150 anni dell’unità d’Italia

La Storia   

Il 14 maggio 1860 a Salemi Giuseppe Garibaldi dichiarò di assumere la dittatura della Sicilia in nome di Vittorio Emanuele.
I Mille, affiancati da 500 volontari siciliani, ebbero un primo scontro nella battaglia di Calatafimi il 15 maggio, contro circa 4.000 soldati borbonici. In un primo momento sembrava che le forze garibaldine fossero destinate alla sconfitta, tanto che Nino Bixio suggerì a Garibaldi la ritirata. Il generale rispose al fedele compagno con questa frase: «Bixio, qui si fa l'Italia o si muore!». 
Caratteristiche dello spettacolo:
  • adatto a teatri e a spazi non teatrali in cui il pubblico può anche circondare la messa in scena a distanza ravvicinata

Lo spettacolo si presta a:
  • tutti i tipi di pubblico
  • stagioni di prosa come elemento di drammaturgia contemporanea
  • Giornata Internazionale dell’immigrato 
Durata: 1h 10min senza intervallo
Debutto: marzo 2011 

Lo spettacolo   

Proprio da questa celebre frase prende spunto la nuova produzione di Teatrando, compagnia diretta dal regista e attore Silvano Ilardo, in occasione del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia. Il testo del giovane drammaturgo Diego Runko, parte da alcuni noti scritti dell’epoca risorgimentale e del primo Novecento unendo la figura pubblica e giustamente celebrata di Giuseppe Garibaldi, a quella privata e meno nota, quale scaturisce per esempio dal testo: “Mio padre”, che contiene i ricordi della figlia Clelia nonché dalle “Memorie” dello stesso Garibaldi. 
Giuseppe Cesare Abba, giovane patriota originario di Cairo Montenotte in provincia di Savona, unitosi ai garibaldini a Parma, attende la partenza per la Sicilia a Quarto, il pomeriggio del 5 maggio 1860. Abba narra gli avvenimenti degli anni immediatamente precedenti tratteggiando le linee principali di quel processo che, attraverso moti e rivoluzioni susseguenti, ha portato alla sua attuale condizione. Ed ecco comparire sul palco il personaggio principale del suo racconto, Giuseppe Garibaldi che, all’età di 53 anni, rievoca le avventure della sua incredibile esistenza. Garibaldi si rende testimone di se stesso focalizzando il racconto sulla sua vita interiore e sugli sconvolgimenti e maremoti che la sua anima ha dovuto affrontare in parallelo alle vicende del mondo esterno; dal primo imbarco sulla “Costanza” all’età di sedici anni ai quattro anni trascorsi a Costantinopoli integrato nella comunità italiana, dall’incontro a Londra con Giuseppe Mazzini e la “Giovine Italia” agli anni trascorsi in Sud America combattendo per i propri ideali, dalla prima guerra di indipendenza contro gli austriaci alla fuga da Roma e alla morte di Anita. 
Garibaldi e Abba, insieme a circa 1160 volontari armati di vecchi fucili e privi di munizioni e polvere da sparo, i famosi “Mille”, si imbarcano su due vapori, “Piemonte” e “Lombardo” alla volta della Sicilia. Dopo diverse soste ed alcune disavventure la mattina dell’11 maggio Garibaldi e i suoi sbarcano a Marsala, dando ufficialmente inizio a quel processo che si sarebbe concluso poco meno di un anno più tardi con l’Unità d’Italia. 
Qualche anno dopo Giuseppe Cesare Abba, mentre si trova a Pisa, inizia la sua carriera di letterato e pubblica il suo primo libro dal titolo: “Da Quarto a Volturno”. Di lì a poco si ritrova nuovamente con Garibaldi in Trentino dove combatte con onore anche a Bezzecca, meritandosi la medaglia d’argento al valor militare e rifiutando la croce al merito di Savoia giudicata superiore ai propri meriti. Nel 1880 Abba pubblica un altro testo: “Noterelle d’uno dei Mille edite dopo vent’anni”, pubblicate grazie all’appoggio e sostegno dell’amico Giosuè Carducci. Due anni dopo, a Caprera, muore il suo ispiratore e comandante, Giuseppe Garibaldi. 
Oggi sono 1200 le lapidi in Italia che testimoniano che in quel luogo Giuseppe Garibaldi passò, dormì o parlò.
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